Giorgio Mainoldi, A.D. Il Cerchio Cooperativa Sociale Onlus:
Devo dire che per me è difficile ed emozionante intervenire dopo tanti e tali contributi di grande spessore, di grande qualità e soprattutto profondamente umani. Bisogna guardare avanti, con speranza e con grande ottimismo. E in questo senso io voglio partire proprio da un ultimo concetto che è stato espresso: quello della prospettiva di inclusione attraverso il lavoro. Questo mi fa pensare evidentemente a un percorso che parte dall’interno degli ambiti carcerari e che via via si dipana verso il mondo esterno fino a garantire il completo reinserimento delle persone. Per assurdo in questo momento la vera difficoltà che sta affrontando la cooperativa, non soltanto la nostra, ma in generale il mondo della cooperazione sociale, è proprio quello di garantire questo percorso. Come sapete noi abbiamo all’interno del carcere femminile della Giudecca, due importantissimi settori che sono la lavanderia e la sartoria che sono conosciuti ormai, non solo a livello cittadino ma a livello ben più ampio Ma la difficoltà sta poi nel dare respiro a queste attività e a quella che è l’opportunità di lavoro nel mondo esterno.
Fino a non più tardi di due o tre anni fa il sociale veniva ancora additato e considerato come un settore protetto, un settore a cui veniva garantita questa protezione per cui il lavoro delle cooperative era reso più facile grazie agli aiuti anche di tipo economico che le varie Istituzioni a vari livelli potevano destinare. Però in ragione degli eventi che poc’anzi anche Giovanni Vianello ha citato, in ragione di avvenimenti ben più ampi del tema del sociale, le normative sono cambiate in maniera drastica e improvvisa, senza tener conto che il cambiamento di queste normative andava ad incidere in maniera profondissima se non quasi mortale nei confronti del terzo settore e del mondo della cooperazione e del sociale in particolare. Perché questa normativa ha uniformato “il sociale” a qualunque altra azienda di qualunque altro settore del mercato libero. Ecco quindi che le cooperative in generale, in particolare poi ovviamente parlo del Cerchio, si sono dovute attrezzare per affrontare in brevissimo tempo una trasformazione che possa garantire di sopravvivere a questo rapido cambiamento. È una sfida difficilissima, ma io sono sicuro che la cooperativa Il Cerchio vincerà, perché ci sta pensando e si sta già attrezzando da un anno e mezzo. Ma le difficoltà sono enormi, soprattutto perché non sono stati dati dei tempi fisiologici perché queste realtà potessero cambiare, potessero adeguarsi, mantenendo e garantendo comunque quel percorso di inclusione sociale che è il nostro mandato, la nostra legge, il nostro obiettivo: essere competitivi in un mercato libero garantendo il mandato del sociale. Questa è la grande equazione che noi dovremmo riuscire nei prossimi anni a far tornare. Non è un esercizio molto semplice, ma ci stiamo attrezzando e ci stiamo organizzando per questo. Perché soprattutto dobbiamo pensare che per affrontare tutto ciò sarà necessario strutturarsi, anche in ragione di aspetti meramente burocratici, ma indispensabili per poter garantire la vita della cooperativa. Quindi da un lato seguire l’aspetto umano, di reinserimento, seguire tutto ciò che è stato saggiamente detto fino a questo momento, ma dall’altra riuscire ad allinearsi a una realtà esterna che non tiene minimamente conto di tutti questi aspetti ma che ci mette al pari, ripeto, di qualunque altra azienda. Attenzione, perché se non intervengono degli elementi calmieratori anche temporanei, ma calmieratori, di una situazione che è passata dall’essere protetta, chiamiamola così, a una situazione diametralmente opposta cioè di libero mercato, attenzione -dicevo- perché le nostre amiche cooperative si sono già drasticamente ridotte dal punto di vista del personale, altre sono dovute arrivare alla chiusura, perché non hanno più trovato, anche in ragione dei mandati specifici affidati, quella fettina microscopica di mercato che permetteva di proseguire il loro progetto, che è un progetto comune, un progetto di reinserimento sociale. La cooperativa si sta attrezzando in questo senso e in questo senso ha avviato molteplici ipotesi di lavoro sul territorio perché crediamo che il vero valore, cioè quello che garantirà alla cooperativa non solo di sopravvivere e di vivere per i prossimi 20 anni, ma di rilanciarsi ulteriormente, di rinnovarsi mantenendo sempre quello che viene detto come prospettiva di inclusione, è lavorare sul territorio, secondo dei progetti di ampio respiro che possano al loro interno racchiudere tutti i settori e i servizi che la nostra cooperativa sa fare e sa dare al territorio. Quindi cercare un’interfaccia con gli Enti locali. Per cercare un’interfaccia con le Istituzioni che ci possano aiutare e noi possiamo aiutare loro, a risolvere dei problemi, non più con la vecchia visione del sociale come realtà perennemente assistita, ma evolversi in una “dimensione sociale” che porta valore al territorio, alla comunità. Tra i vari progetti che noi abbiamo avviati, ne cito in particolare uno, perché credo sia quello che maggiormente ha risalto rispetto al ventaglio delle ipotesi che noi abbiamo già messo in cantiere, sulle quali ci siamo già confrontati con gli Enti locali competenti in materia. Questo progetto riguarda proprio il luogo in cui ci troviamo, cioè l’area cosiddetta dei campi sportivi, l’area di Sacca Fisola. Mi sarebbe piaciuto stamattina che l’assessore Venturini in rappresentanza dell’Amministrazione comunale avesse potuto dare un annuncio importante per il territorio e per la cooperativa. Non si è potuto fare solo per una questione meramente tecnica, ma a brevissimo questo annuncio ci sarà. Io lo anticipo perché credo che questa platea sia il luogo giusto per farlo. La cooperativa come voi sapete, come è uscito sui giornali, come Gianni ha detto, vive quest’area come elemento cardine attraverso cui far ruotare tutta l’attività della cooperativa. Grazie alla cooperativa, grazie al personale della cooperativa, questo luogo non solo non è andato perso ma ha ritrovato rinnovata energia e rinnovato splendore. Da qui si vuole ripartire: come? Attraverso una proposta che la cooperativa ha fatto, una proposta di valorizzazione di questo ambito, che è una proposta che non vuole stravolgere questo luogo ma lo vuole trasformare per renderlo più idoneo ai nostri tempi. E attraverso questa valorizzazione, che è territoriale, una valorizzazione alla qualificazione di un ambito che è proprietà dell’Amministrazione comunale ma che ci è stato consegnato perché possa non solo mantenersi ma rilanciarsi, garantirà un rilancio e una valorizzazione di tutta l’area urbana di Sacca Fisola. Si parla molto ultimamente di finanziamenti dedicati alle periferia. Ecco, Sacca Fisola purtroppo ancora viene considerata una zona urbana di serie b, la periferia di una grande città. La nostra scommessa è quella di trasformare questa periferia, creando occupazione. Creare occupazione, significa dare speranza e opportunità per le persone che noi quotidianamente assistiamo, persone con cui quotidianamente collaboriamo e lavoriamo. Proprio attraverso il loro lavoro questa cooperativa ha potuto vivere e crescere, ed essere riconosciuta sul territorio come una realtà trasversale che ha saputo dialogare col territorio, col mondo politico in maniera, ripeto, trasversale. Prima il dottor Pavarin ha parlato di fantasia. Dottore credo che parola più adatta sia difficile trovarla. La fantasia degli operatori della nostra cooperativa è stato uno degli elementi fondamentali per superare momenti molto difficili; attraverso la fantasia siamo riusciti a trovare delle chiavi di lettura, delle modalità per continuare nel nostro lavoro e nella nostra operatività. Il professor Cacciari ha pronunciato tre volte ”impresa, impresa, impresa”. Forse non è idoneo, forse fa brutto dirlo, però temo che in questo momento se il sociale non saprà anche strutturarsi con modalità di impresa, questo mercato, con queste normative, con queste modalità, con queste paure che i funzionari, alcuni dirigenti, hanno, giusto o sbagliato, non sta a me giudicare, io temo che il sociale avrà delle grosse difficoltà a sopravvivere e a garantire il mandato che la società civile ci sta chiedendo. Non vado oltre, credo di essermi dilungato anche troppo, vi ringrazio e vorrei chiudere, l’avete già detto tutti, ma voglio dirlo anche io dal profondo del mio cuore, grazie a Gianni per quello che ha creato e grazie a tutti i collaboratori, a tutti i lavoratori della Cooperativa il Cerchio perché se questa realtà è quella che è lo si deve soprattutto a loro.
Grazie a tutti.
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